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lunedì 16 luglio 2012

Una visita inattesa, parte seconda

"Non stia lì in mezzo alla stanza. Si accomodi.".
Per un istante, entrando nella biblioteca e non vedendo nessuno, ebbe la convinzione che tutto quello che gli era accaduto nella mezz'ora precedente fosse stato frutto della sua immaginazione.
Per un istante, entrando e non vedendo nessuno seduto sulla poltrona dove fino a mezz'ora prima stava seduto il suo poco gradito ospite (o meglio, ospite del Senatore, dato che quella casa e quel ricevimento erano suoi), ebbe chiaramente la sensazione di aver vissuto uno di quei rari casi di allucinazioni collettive.
Ora, tanto improvvisamente quanto era giunto, quell'istante svanì al suono di quella voce tanto umana, quanto disumanamente irreale, impossibile, irragionevole.
Si girò, e rimase sorpreso da ciò che vide.
La prima cosa che pensò fu: "Ha scelto per noi: vuole essere una lei. Devo ricordarmi di dirlo al Primo Ministro...".
Questo pensiero irrazionale ed infantile era necessario, sentiva che un po' di ironia nera gli avrebbe permesso di non uscire di senno.
Subito dopo, però, pensò: "...Se mi lo rivedrò,il Primo Ministro...".
"Spero che la mia scelta sia di suo gradimento, Eminenza. Ho pensato che avere a che fare con una donna avrebbe reso la nostra conversazione più...come dire...stimolante.".
Si sentiva le membra come se fossero di marmo.
"E inoltre, in questa veste, la mia naturale indole ostile –per usare un termine immediato, ma certamente inopportuno –passa decisamente in secondo piano. Come vede, Eminenza, mi sto attivando al massimo per renderle le cose più facili. A dispetto di quello che si crede di me, ho molto a cuore il benessere di voi uomini.".
"Perché?...".
Non riuscì a dire altro. La situazione era troppo assurda, persino buffa, e di tutti i possibili discorsi che si era preparato, cominciò la sua partita con la Morte con quell'unica parola, la sola che avesse escluso fin dall'inizio.
"Per quale motivo...".
"Oh, lei mi delude, Eminenza! Non penserà davvero che tutto si riduca a questo? Alla risposta a un semplice perché? Un uomo di cultura come lei, e di riconosciuta intelligenza...".
"Al momento la mia...".
"Non usi quel tono con me, Eminenza. Sono pur sempre un ospite! Procediamo con ordine: mi sembra di averla gentilmente invitata ad accomodarsi.".
Scelse la poltrona più vicina senza fare un fiato, e si sedette.
Evidentemente quella fase dell'incontro era perduta.
Decise, per il momento, di fare la parte dello spettatore, in attesa di capire le Sue intenzioni.
Bisognava trovare una breccia, un punto debole, a tutti i costi: aveva dalla sua la forza della Vita, della Ragione.
E Dio, ovviamente.
Seguì con lo sguardo la sua ospite che si dirigeva verso l’angolo bar.
"Mi servo da bere, se non le dispiace. Sa, non sono molte le occasioni in cui posso permettermi di farlo. La mia attività richiede un impegno costante, e nella quasi totalità dei casi, non è delelgabile a nessun altro.".
"Oh, lo posso immaginare...".
Non un granché, come risposta.
E neanche Lei sembrò molto soddisfatta, per la verità.
Si girò verso di lui, nel bel mezzo della preparazione di quello che secondo la modesta esperienza di Sua Eminenza sembrava essere un White Russian, e lo guardò con un'espressione terrificante.
Le apparenze contano, è vero, ma l'essenza di qualcuno traspare comunque da un infinità di particolari che, in fin dei conti, hanno più peso dell'aspetto esteriore. Isomma: la Morte è pur sempre la Morte, anche se vestita con un elegantissimo abito da sera.
"Lo può immaginare?! Lo può immaginare...No, che non può farlo. Ed è una fortuna per lei, che non possa! Perché una sola rapida sbirciata alla milionesima parte del mio lavoro la farebbe sprofondare nell'abisso della follia e le farebbe desiderare di non essere mai nato, Eminenza!".
Due a zero, palla al centro.
Riportò la sua attenzione al bancone del bar, e finì di preparare il suo cocktail. Poi cominciò a prepararne un altro.
"Martini Bianco on the rocks, vero?".
"Veramente non mi sembra il...".
"MARTINI BIANCO ON THE ROCKS, VERO?".
Non gli era concesso alcuno spiraglio: la partita la conduceva Lei. Anzi, l'impressione che ebbe in quel momento fu che non ci fosse alcuna partita da giocare.
"Senta, Eminenza.", continuò Lei, con un tono della voce diverso, non più divertito e –a suo modo –ironico come prima, ma quasi flebile, deluso, rassegnato. "Ormai quel che fatto è fatto.".
Si avvicinò e gli porse il Martini.
"Spero di non aver esagerato col ghiaccio...", e si sedette sulla poltrona di fronte alla sua, con una compostezza e una grazia incredibilmente naturali: gli sembrò quasi di avere di fronte Rita Hayworth.
“Con che razza di creatura ho a che fare?”, pensò, non riuscendo a nascondere a sè stesso un moto di ammirazione. “Davvero la potenza di Dio è senza limiti.Perchè anche Lei,ne sono sicuro,è una creatura dell'Altissimo”.
"Quello sguardo mi fa dubitare della sua virtù, Eminenza! Non credevo che fosse sufficiente un bel paio di gambe per suscitare in lei...".
Questo era troppo: una caduta di stile non degna della figura che aveva di fronte,oltre che un'offesa intollerabile. Non attese un secondo di più e contrattaccò.
"Ha varcato il limite! Se crede che io mi faccia insultare da Lei, si sbaglia di grosso. Forse non si rende bene conto della situazione, Signora...".
"Si calmi, e si rimetta seduto.".
"IO STO IN PIEDI QUANTO MI PARE E PIACE!!".
In realtà non si era affatto reso conto di essersi alzato.
"Eminenza...".
"...LEI COMPARE QUI COME SE FOSSE LA COSA PIU' NATURALE DEL MONDO, GETTA NEL PANICO TRE RISPETTABILISSIME PERSONE...".
"Eminenza..."
"...SI COMPORTA COME UN PADRONE IN CASA PROPRIA MENTRE NON E' NIENT'ALTRO CHE UN OSPITE –PER DI PIU', INDESIDERATO...".
"Eminenza...".
"...SI ATTEGGIA A DIVA DEL CINEMA DEGLI ANNI TRENTA, GLISSANDO IN MODO INTOLLERABILE SUL MOTIVO DELLA SUA VISITA –PER DI PIU', INDESIDERATA...".
"La prego...".
"...MI INSULTA COME UOMO E COME SERVO DI DIO ONNIPOTENTE..."
"Via, non mi sembra il...".
"...E PRETENDE CHE IO ME NE STIA SEDUTO?".
"Riportiamo il discorso nei ranghi del...".
"LASCI CHE LE SPIEGHI COME FUNZIONANO LE COSE QUI, NEL MONDO DEI VIVI...".
Si interruppe, il Martini puntato verso la sua ospite come un’arma, il respiro affannato.
Non lo fece per la sorpresa di aver dato uno sfoggio di coraggio inaspettato.
Non lo fece neanche per lo spavento delle conseguenze che avrebbe prodotto il suo gesto: era convinto che ormai fosse necessario giocarsi il tutto per tutto, a carte scoperte.
Si interruppe perché Lei stava sorridendo, compiaciuta.
Sorrideva.
Compiaciuta.
"Che meravigliosi esseri siete voi umani!".
Lo guardava con sincera ammirazione.
Le brillavano gli occhi come a un'innamorata che ritrova l'uomo dela sua vita dopo aver percorso l'Inferno a piedi –in senso figurato, ovviamente.
Sua Eminenza si sedette. Non sapeva cosa pensare. Tracannò un generoso sorso di Martini per prendere tempo.
"Per quanto possa osservarvi e studiarvi, non riuscirò mai a comprendervi fino in fondo.".
“Siamo in due”, pensò, ancora ansimante, il bicchiere per metà vuoto.
"Fino a pochi istanti fa era in stato di shock, completamente in balìa degli eventi, incapace di trovare il bandolo della matassa. O sbaglio?".
“No, che non sbagli”, pensò, “ma se credi che sia pronto ad ammetterlo ad alta voce...”.
"Il suo obiettivo principale", continuò Lei, senza aspettare la risposta, "era la sopravvivenza: l'istinto primario di ogni creatura vivente di fronte ad una minaccia sconosciuta. Tutto come da copione.".
Si alzò, e cominciò a camminare –o meglio, a sfilare –per la stanza.
"E' bastato pronunciare una frase di dubbio gusto, mettendo –anche solo per un istante –in pericolo la sua... moralità di essere a tempo determinato, ed ecco che il suo orgoglio di animale superiore ha finito per prevalere, in modo del tutto contrario alla logica, sul suo istinto alla conservazione della vita.".
"Non sapevo che la Morte fosse un'esperta di psicologia...".
"Oh, ci sono parecchie cose che non sa di me, e moltissime non le saprà mai...”. si fermò e si girò improvvisamente verso di lui, seria.
“Mi basterebbe schioccare le dita, sa?".
"Cosa intende dire? Allude alla mia vita?".
"Alludo alla Vita, non solo alla sua. Mi basterebbe schioccare le dita... Ancora meno: mi basterebbe pensarlo, e il Mondo così come lo conosce lei non esisterebbe più. Pensi al battito d' ali di una farfalla, al primo respiro di un neonato, a ogni goccia d'acqua che compone una cascata... Tutti piccoli universi dentro un Universo più grande, a sua volta contenuto in un altro Universo, e così fino all'infinito!".
Sua Eminenza si mosse nervoso sulla poltrona: aveva davanti un Folle Soprannaturale. Un ticchettio insistente disturbò per un attimo i suoi pensieri: i cubetti di ghiaccio del suo cocktail sbatacchiavano senza alcun ritegno contro le pareti del bicchiere.
Tutto a un tratto non era più molto certo della propria fede.
"Ebbene", continuò Lei, "tutto ciò contribuisce alla sopravvivenza della vostra specie. Voi esistete perché ogni più piccolo, insignificante elemento combacia alla perfezione con gli altri, eppure nessuno di voi –dico: nessuno –comprende quanto la Vita sacrifichi sè stessa per permettervi di continuare ad esistere.".
Si toccò il crocifisso che portava al collo: improvvisamente gli tornarono alla mente i film dell'orrore che aveva visto da bambino in seminario, ovviamente all’insaputa degli insegnanti.
Si chiese se qualcuno degli stratagemmi usati dai protagonisti per sopravvivere alle forze del Male avrebbe funzionato anche nella realtà.
“Molto probabilmente, no”, si rispose immediatamente.
"Lei forse si starà chiedendo se sono impazzita."
“Bene! Immortale, istruita, persino sarcastica, e per di più perspicace –oltre che irrimediabilmente folle.”
Quante sorprese ancora aveva in serbo per lui questa Morte?
"Ebbene", continuò, senza aspettare una risposta, "le assicuro che non è così. Io porto con me la consapevolezza di migliaia di anni di esistenza, e so che è impossibile per voi esseri umani comprendere la verità. Tuttavia, essendo un'inguaribile sognatrice, non perdo la speranza di trovare un giorno qualcuno che mi comprenda almeno un po'."
“Aggiungere alla lista di cui sopra: genio incompreso.”.
"Lei rappresenta mezza vittoria, da questo punto di vista, sa? Nessuno prima d'ora era riuscito a tenermi testa tanto fieramente ed intelligentemente. Le assicuro che persone molto più importanti e note di lei –Capi di Stato, Pontefici, intellettuali di fama mondiale –si sono letteralmente arresi, regredendo fino all'infanzia, rinunciando persino alla propria dignità di fronte a me. Lei, no.".
"Bene, sono contento, le faccio anche io i miei complimenti. Sono felice di esserle stato utile, ma adesso se non le dispiace avrei...".
"Per favore, Eminenza, non rovini questo momento! Non ricorda quello che le ho detto poco fa? Quel che è fatto, è fatto.".
Lo guardò con rispetto, e con una certa deferenza, sorseggiando il suo White Russian.
Il bicchiere era ormai quasi vuoto.
“Quel che è fatto, è fatto... possibile che...”.
Un urlo ruppe il corso dei suoi pensieri: proveniva dal corridoio.
In pochi istanti altre voci si unirono alla prima, e un gran numero di persone si affollarono poco fuori dalla biblioteca.
"Mio Dio, chiamate un'ambulanza, presto!!".
"E' terribile!...".
"Com è potuto accadere?".
Alla fine era successo: non era riuscito a fermare il corso degli eventi.
Mentre lui era lì a giocare a rimpiattino, Lei aveva portato a termine il suo lavoro.
Qualcuno era morto.
Le lanciò un'occhiata di puro odio, e si precipitò sul luogo della tragedia.
.
"Largo, fatemi passare!", urlò, ma nel trambusto nessuno parve udirlo.
Si fece comunque largo tra la folla, e, pronto ad assistere al più triste degli spettacoli, si portò a pochi centimetri dal cadavere.
Lì per lì non riuscì a capire di chi fosse il corpo sdraiato a terra.
Poi, improvvisamente, il sangue gli si gelò nelle vene: era un prelato, e stringeva stretto in pugno il crocifisso che portava al collo.
E finalmente capì.
Non avrebbe dovuto spiegare nulla al Primo Ministro, né a nessun altro degli ospiti.
E per quanto riguarda il perdono...
Con il peso della consapevolezza che gli gravava sulle spalle, si girò verso la sua ospite che lo attendeva all'uscita della biblioteca.
Ora aveva assunto il suo aspetto naturale-mantello nero, cappuccio, falce-, e nella scheletrica mano destra stringeva un bicchiere ormai vuoto.
Lo alzò verso di lui, come se volesse brindare alla sua salute, dopodichè il Mondo come lo conosceva svanì.

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